Dante e l’Africa nella "Commedia"
Abstract
Conformemente alla sua cultura classica e alle «imperfette nozioni geografiche e cosmografiche del suo tempo» (Francesco Gabrieli) , Dante menziona all’interno delle sue opere città, regioni, fiumi e monti del continente africano che tracciano, nell’immaginario comune, i contorni di una terra dal duro clima, generatrice di creature mostruose, strenua antagonista di Roma, teatro di gesta memorabili. In un contesto letterario a forte ambizione enciclopedica, tali occorrenze vanno polarizzandosi in base al livello di “alterità” che riescono a evocare. Sede privilegiata di questa emergenza è la similitudine, funzionale a quella rethorica docens volta a ribadire concetti e a trasmettere nozioni. Nella "Commedia" molte delle similitudini riflettono piuttosto le forme della rethorica utens : evocare l’Africa risponde all’imperativo realista cui l’autore sottomette il racconto dell’esperienza oltremondana, nell’intento di redimere l’umanità corrotta. Nella scia di studi recenti volti a dimostrare la presenza implicita di sottintesi allegorici in ogni struttura analogica del poema dantesco, ci proponiamo di analizzare i luoghi testuali in cui l’allusione all’Africa (toponomastica, mitologia, teratologia, storiografia, anacronismi etc.) appare in una struttura di tipo analogico-comparativo. Dal deserto libico calpestato da Catone (If. XIV, 13-15) all’austro che spazza la terra di Numidia (Pg. XXXI, 70-72), passando per l’Etiopia “nera” (If. XXXIV, 45) o navigando “verso sud” insieme a Ulisse (If. XXVI, 104, 111), tenteremo di definire i contorni mobili – e eterodossi – di un (anti)modello in via di costruzione.
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