La vie est ailleurs! Parigi come spazio del desiderio nelle poesie di Alba de Céspedes
Abstract
Alla fine degli anni Sessanta Alba de Céspedes è a Parigi, città frequentata sempre più spesso e scelta definitivamente come luogo di auto-esilio nel 1972. A partire da questi anni, la capitale francese si impone all’immaginario dell’autrice, diventando luogo privilegiato della rappresentazione narrativa. Sono gli anni del maggio francese: De Céspedes vive la contestazione come possibilità di quel cambiamento radicale mancato all’esperienza del dopoguerra italiano. In questa dimensione di rinascita ideale, l’uso di una lingua altra da quella d’origine diventa unica possibilità di accesso ad un altrove che è, prima di tutto, politico e sociale. La raccolta poetica “Chansons des filles de mai” testimonia appunto questa necessità: è l’autrice stessa ad affermare che le parole che avrebbe voluto trascrivere in italiano le si presentano, «impérativement», nella loro lingua originaria, l’unica in grado di veicolare fedelmente il messaggio rivoluzionario. In questo senso, il mezzo linguistico diventa protagonista assoluto, vero e proprio spazio della contestazione; le parole impongono il loro stesso farsi composizione, trasformandosi, quasi spontaneamente, in un unico «poème» dalla forma fortemente sperimentale. L’intervento propone l’analisi dell’opera a partire da queste considerazioni, e attraverso lo studio della fruizione di una nuova lingua come possibilità di esplorazione e rappresentazione di un altrove ideale, vissuto e desiderato.